IL CASO BUZZANCA: COS’E’ ACCADUTO?

 

Giuseppe Rodi

spiega la storia di Buzzanca:

   

Quando è iniziato il tuo ricorso?

 "Il ricorso elettorale è iniziato materialmente e formalmente il 24 giugno 2003, ma era stato già preannunciato  al presidente del Tribunale di Messina in data 11 e 12 giugno, come azione popolare ai sensi dell'ex art. 70 del DL 267 del 2000 considerato che la suprema corte di Cassazione, sesta sezione penale, in data 5 giugno 2004, aveva confermato la condanna penale già inflitta dalla Corte d' Appello di Messina, pari a sei mesi per i reati d'abuso d'ufficio art. 323 Codice Penale e art. 314, secondo comma, Codice Penale. Da qui si ritenne che non c'erano più le condizioni di elettorato attivo e passivo idonee affinchè Buzzanca potesse continuare rivestire la carica di sindaco.

Per questo motivo, preliminarmente, in data 11 e 12 giugno 2003, Rodi chiede ufficialmente, chiese al Presidente del Tribunale di Messina (nella Sua qualità di Presidente dell’Ufficio Centrale Elettorale), dott. Giuseppe Suraci, la revoca della proclamazione a Sindaco di Messina di Giuseppe Buzzanca poiché ne aveva facoltà entro i trenta giorni dalla proclamazione.

In quell’occasione, all’eventuale mancato intervento del dr. Suraci, fù preannunciata la promozione di un’Azione Popolare da ex art. 70 del decreto legislativo 267/2000.

Decorsi dodici giorni, al mancato pronunciamento da parte del Presidente del Tribunale di Messina, seguirono le prime due azioni popolari promosse dal Rodi, precedentemente preannunciate allo stesso Presidente del Tribunale di Messina Dr. Giuseppe Suraci.

Diversamente, dalla mancata risposta al Rodi, il Presidente del Tribunale a circa 24 ore di distanza diede riscontro alla nota dell’Avv. Giacoppo, rigettandola poiché dichiaratosi incompetente a procedere. 

Successivamente, nell'arco di circa ventina di giorni, alle due Azioni Popolari di Rodi, seguirono altre tre Azioni Popolari, nell’ordine di Aurora Notariani, assistita dagli Avvocati Marcello Scurria e Carmelo Marafù, poi quella dell’Avv. Fulvio Cintioli e in ultimo quella dell’Avv. Antonio Domenico Gullo per conto di Nino Bertuccelli, segretario provinciale dei Comunisti Italiani.

Fu fissata la prima udienza il 18 luglio. La difesa di Buzzanca lamentava un difetto di notifica, e che non si poteva più procedere a questo tipo d'iniziative perchè l'avv. Giacoppo aveva già presentato una richiesta simile per cui contestualmente alla mia anche le altre andavano rigettate.

Inoltre si lamentava che io (Rodi) non fossi potuto intervenire in quanto non avevo documentato di essere residente a Messina.

Nell’androne centrale del Tribunale, fuori dell’aula, durante l’attesa che i Giudici si pronunciassero sulle eccezioni preliminari promosse dalla controparte, si vociferava che i ricorsi sarebbero stati rigettati e che saremmo stati condannati alle spese. Cosa che, in realtà, avvenne e, nel particolare, la condanna economica più consistente fù ai miei danni (poco inferiore ai seimila euro pari a circa dodici milioni delle vecchie lire). Il 21 luglio fu depositata la Sentenza, con la quale i tre Giudici, Amato, Bonazzinga e Lombardo rigettavano i ricorsi. Fulvio Cintioli presentò per primo l'appello, al quale seguirono i ricorsi di tutti gli altri promotori delle Azioni Popolari (il secondo a promuovere l’Appello fui io).

Il 24 novembre 2003 il colpo di scena. La Corte d’Appello di Messina, riformando la sentenza di primo grado, ha dichiarato Giuseppe Buzzanca decaduto dalla carica di Sindaco.

Questa sentenza (n° 478/2003), non condivisa dal Buzzanca, fu opposta in Cassazione. All’iniziativa dell’ex Sindaco seguirono i controricorsi dei promotori delle Azioni Popolari, in ultimo l’8  gennaio 2004), fui io a presentare il controricorso in cassazione.

L’otto aprile 2004, a soli sei giorni dall’udienza, depositai una memoria (ai sensi dell. art. 378 c.p.c.) con la quale (a conferma delle precedenti richieste formulate anche d’innanzi alla Corte d’Appello il 24 novembre 2003) ponevo preliminarmente l'eccezione che nei confronti del dott. Buzzanca vi era la carenza di legittimazione passiva per resistere in giudizio, in quanto si era qualificato come privato e non come CANDIDATO ELETO. Il tutto come previsto dal costante indirizzo giuridico della stessa  Cassazione e dall’autorevole Consiglio di Stato i quali, con apposite sentenze, ai fini processuali scindono le due posizioni (candidato eletto e cittadino).

Questo mancato dibattimento delle eccezioni preliminari, essendo importante ai fini del giudizio perchè poteva comportare il diretto rigetto del ricorso proposto da Buzzanca, rappresentava un errore di fatto ai sensi del 4° comma art. 395 CPC. Per cui prima di chiedere la revoca dell'ordinanza parallelamente all'operato dei Giudici ho promosso una questione di costituzionalità del decreto e dell'eventuale conversione in legge alla Corte Costituzionale il 14 aprile giorno dell'udienza.

Dopo di ciò ho inoltrato un'istanza in Cassazione chiedendo la revoca dell'ordinanza del 14 aprile e la fissazione della data di una nuova udienza per discutere anzitutto le eccezioni preliminari che avevo promosso, poi l'appello incidentale fatto dall'avv. Trischitta, il ricorso del dott. Buzzanca e infine i nostri controricorsi.

La Cassazione ha ritenuto fondata il mio nuovo ricorso, dopo averlo accolto, lo ha assegnato alla Prima sezione, fissando per il 13 ottobre 2004 la nuova udienza. per ridiscutere tutta la questione del 14 aprile a cominciare  dalla eccezione preliminare.

 

LA DIFFERENZA TRA PECULATO D'USO e ABUSO D'UFFICIO

 Il reato  art. 314 2° comma c.p. e art. 323 c.p. sono connessi tra loro. Ad esempio un amministratore che usa un automezzo, di proprietà dell’Ente, per fini personali commette il peculato d'uso perché lo ha usato materialmente e, poiché amministratore, commette il reato di abuso d'ufficio in quanto, pur sapendolo di non poterlo usare, lo utilizza ugualmente.

 Altro esempio di peculato d'uso connesso all'abuso d'ufficio è quello di un amministratore che utilizza un computer di un ente per collegarsi a internet facendo pagare la bollletta all'ente pubblico. Anche un semplice impiegato nella sua qualità di funzionario pubblico, usando un bene di proprietà dell'ente, commette insieme i due reati di peculato d'uso e abuso d'ufficio.

 

Il caso di San Giovanni Rotondo di Foggia

Il Sindaco aveva preso l'auto blu per andare a vedere

la corsa della Ferrari in formula 1

La notizia è arrivata al Prefetto di Foggia

che si è subito recato al Comune di S. Giovanni Rotondo

Al rientro del Sindaco si è fatto consegnare le chiavi dell'auto e del Municipio

IMMEDIATAMENTE HA SOSPESO IL SINDACO DALLE SUE FUNZIONI