PIRANDELLO LIBERO, 70 ANNI DI DIRITTI DETENUTI DALLA MONDADORI

UN CONTRATTO CON LA MONDADORI

 PER PIRANDELLO FU FATALE


In vita Pirandello non ricevette nulla dalla Mondadori.
Il contratto firmato da Pirandello con l'Editore milanese non portò alcun versamento di lire allo scrittore siciliano.
Nonostante Pirandello inviasse numerose lettere di richieste a Mondadori, la situazione economica del premio

Nobel rimaneva sempre precaria e spesso grave. Solo con l'incarico di direttore del Teatro di Roma, Pirandello
poteva recuperare una cifra decorosa per vivere, con Mondadori rimase sempre in attesa di versamenti mai pervenuti.
Ma la cosa più grave fu il fascismo che attraverso le case editrici pilotava la produzione editoriale del regno d'Italia,

sotto una feroce e spietata dittatura, che arrivava anche ad uccidere il deputato Matteotti, reo di essersi opposto al

fascismo. Ma non fu il solo anche Francesco Lo Sardo, messinese, si pronunciò in Parlamento contro l'andazzo della
ricostruzione di Messina, dopo il terremoto del 1908.Lo Sardo denunciò l'organizzazione fascista del lavoro con

speculazioni edilizie e sfruttamento degli operai.
Lo Sardo fu perseguitato, coinvolto in processi con false accuse, incarcerato.
Pirandello non si oppose apertamente al fascismo e per questo fu premiato e riverito, ma a seguito di questo

comportamento il danno più grave il fascismo lo fece ai siciliani.
Mussolini controllava la stampa e l'editoria, finanziamenti e censure.
Mondadori non poteva pubblicare cose non gradite al fascismo, come tutti gli altri editori. IL MINCULPOP, Ministero

della Cultura Popolare (fascista) aveva le sue ramificazioni fin dentro le tipografie.
Mentre le opere teatrali e le novelle in ITALIANO avevano via libera, I LIBRI DI PIRANDELLO IN SICILIANO NON FURONO

MAI PUBBLICATI.
Mondadori si guardò bene dal fare cose sgradite alla dittatura che puntava a mutare i siciliani in italiani a cominciare

dalla letteratura.
A Bolzano, Mussolini, non potendo lottare contro 20.000 cittadini austriaci di cultura lingua e radicate leggi austriache,

fece deportare 30.000 italiani a Bolzano da tutta la penisola per capovolgere numericamente il rapporto tra popolazione

residente e immigrata.
In Sicilia Mussolini attuò una misura diversa, molto più grave.
Trasferì tutti gli impiegati siciliani che lavoravano negli uffici dell'isola al nord ed in Sicilia inviò tutti i suoi fedeli impiegati
fascisti. La Sicilia fu così controllata non numericamente ma gerarchicamente dalla stessa struttura amministrativa dello

stato in ogni sua capillare ramificazione, dalle poste alle ferrovie. Il meccanismo di favorire i figli degli impiegati, ha fatto

ereditare i posti statali ai figli dei fascisti, ai nipoti dei fascisti... sino ad oggi.
In Sicilia non ci fu mai una vera epurazione dai fascisti e dai luogotenenti, basta dire che ancora nel 1957, dei 135 Questori

esistenti in Italia , 120 hanno iniziato la loro carriera sotto il fascismo e gli altri 15, PRIMA DEL FASCISMO.
Pirandello fece finta di non vedere ma Mussolini gli sopravvivrà altri 9 anni, questo tempo bastò alla dittatura per far

precipitare l'Italia e la Sicilia in una guerra mondiale disastrosa. Una guerra mondiale che finì per la Sicilia in modo

rovinoso, con lo sbarco di 500.000 soldati alleati, bombardamenti feroci a tappeto, solo nella città di Messina 7.000 morti e
dispersi (cioè persone di cui non si trovò più neanche un brandello), in tutta la Siciia si sommano circa 40.000 morti e

dispersi tra i civili. La Sicilia fu l'unico territorio conquistato in armi dall' esercito anglo-americano, dopo l'8 settemre 1943

l'Italia diventò alleata dei precedenti nemici. La Sicilia fu considerata CONQUISTATA IN ARMI, mentre da
Reggio a Milano, nella seguente campagna di guerra, l'Italia diventava ALLEATA degli anglo-americani (ripertere giova

a capire la differenza successiva tra Sicilia e Italia dal punto di vista bellico e politico).
La Sicilia era un territorio CONQUISTATO, non liberato da un esercito alleato all'Italia, durante la guerra, dopo lo sbarco

era ancora un territorio nemico e come tale faceva parte del BOTTINO DI GUERRA.
Pirandello non poteva prevedere questo disastro.
I segnali della dittatura fascista erano però chiari.
La non pubblicazione delle opere di Pirandello in siciliano nascosero al mondo intero una produzione che usciva proprio

dagli studi di Pirandello in Germania.
In altre parole la censura sulle opere in SICILIANO, argomento degli studi universitari di Pirandello all'univesità di Boon,

deviò tutta la produzione pirandelliana su opere in italiano, per evitare di essere censurato Pirandello produsse tutte le

altre opere in italiano.
In un periodo in cui in Sicilia già dalle elementari si usava il vocabolario Siciliano-Italiano, fu una vera PIETRA TOMBALE

sulla lingua parlata da milioni di persone, il siciliano appunto.
Mondadori fece il resto, non solo sotto la dittatura ma anche dopo, ,durante la Repubblica, il Pirandello in siciliano fu

trascurato.
Solo nel 1986 al 50° anniversario della morte e alla scadenza dei termini dei diritti italiani, alcune case editrici si

premurarono di pubblicare PIRANDELLO IN SICILIANO. Questa libertà durò poco perchè l'Italia aderì alla nuova legge sul

"DIRITTO D'AUTORE" europea che alungava i diritti di pubblicazione a 70 anni. Le piccole case editrici sospesero la libera
pubblicazione delle opere di Pirandello, ovviamente anche quelle in siciliano. Adesso nel 2006 PIRANDELLO E' LIBERO in

tutto il mondo.
La Sicilia ancora non è libera di esprimersi, con una struttura editoriale ancora pre-industriale in piena crisi, con tipografie

dove ancora si sfruttano gli operai e si pubblicano solo libri sovvenzionati da enti pubblici, pubblicazione di poche migliaia

di copie e tuttaltro che popolari nei contenuti. Editoria per il turismo limitata alle rimanenze di spesa degli stipendi degli

impiegati degli enti turistici pubblici.
L'impresa editoriale è all'anno zero mentre circa 200 editori siciliani fanno i salti mortali per pagare i costi di produzione e

di gestione.
Tutto questo è prodotto da 500 anni di oppressione coloniale della Sicilia.
sin dal 1473 in Sicilia si stampano libri. A Messina in particolare, il pittore Antonello da Messina, prima di morire, ha visto

stampare il primo libro a Messina da Enrico Alding (1473). La tipografia, a Messina e cominciata nel 1473, oggi nel 2006,

esistono circa 50 tipografie, tutte artigiane, nessuna industria tipografica (oltre 15 addetti).
Non è tutta colpa di Pirandello, è l'effetto di 500 anni di controllo straniero, repressione feroce e dittature italiane, che hanno

ridotto così male la Sicilia sino a nascondere la storia di due Università come CATANIA E MESSINA con 500 anni di vita e

l'Università di PALERMO con 200 anni di vita, sotto una coltre di corruzione, distruzioni, furti e camuffamenti che hanno
fatto della Sicilia la spazzatura del mondo.
Messina, sede una storica SCUOLA CARTOGRAFICA che comincia con Dicerco nel III secolo a.C., rinasce con Maurolico con

l'ANTICA OFFICINA DELLE CARTE NAUTICHE DI MESSINA che fonda succursali a Livorno e a Genova e continua oggi con

ben 2 editori a Messina che si occupano esclusivamente di realizzare produrre e pubblicare carte geografiche e turistiche.
Nel 1994 il Ministero dell'Industria ha riconosciuto alla MULTIGRAF editrice di Messina un Brevetto Nazionale per Invenzione

Industriale per aver apportato NUOVE CARATTERISTICHE alla CARTOGRAFIA, fatto più unico che raro in un settore in cui

operano i più grandi colossi editoriali italiani.
Nel 100° anniversario della fondazione (2001) di una grande casa editrice italiana specializzata in carte geografiche, è stata

realizzata a Milano una gigantesca mostra dedicata alla cartografia e all'editoria.
Nei saloni della mostra del palazzo reale di Milano, migliaia di visitatori.
Tra le cose esposte NESSUNA CITAZIONE DI DICEARCO DA MESSANA, DI FRANCESCO MAUROLICO, DELLA SCUOLA

CARTOGRAFICA DI MESSINA, DELLA ANTICA OFFICINA DELLE CARTE NAUTICHE DI MESSINA. 2300 anni di cartografia a

Messina non contano nulla quando l'interesse della dittatura è cancellare ogni contestazione anche attraverso la lunga mano

di un'industria editoriale sostenuta con i soldi pubblici in cambio della censura interessata di ogni concorrente e di ogni autore indipendente non soggetto a ricatti o ad accettare facili elemosine.

 

Rosario Baeli  7 Marzo 2006