LIBERA UNIVERSITA' DELLA PATRIA SICILIANA

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Il 31 Marzo dell' anno 1282 la Sicilia insorge contro gli Angioni che, col sostegno del Papato, avevano occupato l' Isola soggiogandone le popolazioni. La Storia racconta della goccia che fece traboccare il vaso, l' insulto dei soldati Francesi contro alcune donne siciliane, e che per fare giustizia si usò la Lingua Siciliana come arma e il coltello come grammatica: l' Isola venne passata al setaccio da migliaia di rivoltosi che ponevano a tutti una domanda: "dillu, CICIRI!?", dillo ceci.

la foto della Biblioteca Comunale di Catania (fondata nel 1136) è tratta da Kalòs-Luoghi di Sicilia

L' Angioino non riusciva a pronunciare quelle "c" se non come "s". La giustizia fonetica sentenziava: MORA! MORA!; la grammatica del coltello faceva il resto. La Rivoluzione Indipendentista (antifrancese antipapale) dei Vespri Siciliani, nella quale un ruolo decisivo di "centralizzatore politico" è svolto dalle città siculo-lombarde delle montagne, da Corleone a Nicosia a Caltagirone, fiorite in un humus culturale che oggi definiremmo di "municipalismo libertario", dal quale prende forma la Communitas Siciliae, apre una lotta lunga un secolo nella quale il Popolo Siciliano rifonda se stesso intorno all' idea di "Bonu Statu e Libbirtà!", forte anche di una relazione "speciale" con l' Aragona e la Catalogna, scrivendo una pagina radiosa nel libro della Libertà, condizionando non poco la Storia del Mediterraneo in una fase di transizione in cui Francia e Spagna, Papato e Impero bizantino, città corsare e marinare...se ne contendono il controllo.

 La vittoria del Vespro è stata letta anche come una vittoria postuma dei Siqilly, i siciliani islamici politicamente sconfitti dall' inserimento normanno nella Storia dell' Isola, dunque dalla fine dell' Emirato e del suo sogno di Giardino-Paradiso, che, con l' imposizione del latifondo, produce, peraltro, un disastro ambientale pari solo a quelli avuti in epoca romana coi disboscamenti selvaggi e in epoca "italiana" con la petrolchimica neocoloniale. Ci riferiamo soprattutto alla "mutazione del paesaggio di cui l' albero sarà la prima vittima" e, dunque, allo spopolamento coatto dei mille casali ispirati al giardino-paradiso che conduce alla nascita del latifondo feudale "calpestando il diritto d' uso degli abitatori musulmani e greci dei casali" costretti a rifugiarsi in roccaforti di resistenza, dar al-Hidjra: ricordiamo quella di Corleone per la forza e la strutturazione, da Stato quasi indipendente, che assunse. Corleone che sarà il cuore del Vespro quanto Messina ne rappresentò il fronte politico-militare: "i Messinesi colle loro donne, le migliori della terra, e co' loro figlioli piccioli e grandi, subitamente in tre dì feciono il muro, ripararono (la città) dagli assalti dei Francesi". Ancora nel 1345, quando gli Angioini tornano alla carica, è Messina ad essere attaccata per prima, ma la resistenza del suo Popolo e il fatto che, nel ricordo esplicito del Vespro, tutte le città siciliane gli si strinsero solidali intorno, costrinse nuovamente i Francesi a una fuga a dir poco ignominiosa. Era il tempo in cui l' Isola era governata da Giovanni da Randazzo, artefice, secondo alcuni, "dell' ultimo tentativo consapevole della Sicilia di difendere la sua Indipendenza" (F.Giunta, Storia della Sicilia, vol. 3, Editalia).

Ma, per dirla col Bresc, l' affermazione del Popolo siciliano come nazione, a partire dall' insurrezione del Vespro aveva esaurito le forze dell' isola in una lotta troppo lunga contro nemici troppo potenti. La Sicilia è "calamitata" infine dalla Castiglia e inspagnolata, soccombe dunque non ad un "nemico" ma a una combinazione di forze, ad una bilancia di potenze, ad un corso degli eventi definiti dall' installarsi dell' imperialismo spagnolo al centro del Mediterraneo come coronamento della lunga "Reconquista". Cosa ci insegna questa Storia? Due cose fondamentali: che il Popolo Siciliano avanza quando rivendica, afferma, costruisce la propria Indipendenza; mentre arretra quando rinuncia ad essere se stesso.

 Oggi, per esempio, se le coste siciliane sono devastate dalle Multinazionali petrolchimiche e assaltate dal cemento abusivo delle seconde e terze case, mentre la "macchia mediterranea" viene cancellata per Legge dal nostro paesaggio; se antiche città appaiono ridotte ad ammassi di case intorno ad un supermercato, senza più Memoria né Avvenire; se la Lingua siciliana mezza vietata e mezza lazzariata nelle scuole e nella vita pubblica, mentre la Bannera di Trinakria è ammucciata per Legge; se le zucche vuote di Hallowen, importate via satellite da Holliwood, attaccano come virus la nostra millenaria Festa dei Morti (che in Sicilia è Festa di Vita, di unità tra le generazioni, di amore verso gli Antenati). Se la Sicilia è un' Isola in vendita, oggetto passivo di marketing territoriale"...è anche per il carattere coloniale, egoistico e autolesionista della sua vita sociale e della sua condizione umana, predisposta all' automutilazione culturale e alla sudditanza politica anche perché ignara della propria Storia migliore: che non è una Storia di dominazioni (le dominazioni vere e proprie sono solo tre, la romana, la castigliana e l' odierna, che ha origine anglo-piemontese e attualità neoimperiale), non è una Storia di fughe e rassegnazioni, ma una Storia straordinaria di resistenza, dignità, Indipendenza, come il Vespro dimostra. Una Storia negata, ammucciata, stravolta, che iniziative culturali come quella promossa a Messina dalla Multigraf, riportano alla luce, mantenendo vivo il filo ininterrotto di una resistenza costretta oggi a parlare la lingua dell' Arte contro il Fato.

  Catania Marzo 2002             

Mario Di Mauro, direttore di "Terra e Liberazione" e portavoce della "Libera Università della Patria Siciliana"

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