IL VESPRO SICILIANO: STORIA POPOLARE - GASPAR AMICO - Catania Marzo 1882

Ristampa in seconda edizione nel 1985 a cura delle Edizioni LA FIACCOLA  Ragusa

LIBRO QUARTO

 

FURORE ED ARMAMENTI DI CARLO ALLA NOTIZIA DELLA RIVOLUZIONE SICILIANA PREPARATIVI DI DIFESA ORDINATI DAL PARLAMENTO DELLA LEGA SICILIANA RIUNITO IN MESSINA.

 

 

 "Sire Iddio! dappoi t' è piaciuto farmi avversa" la mia fortuna piacciati che il mio calare sia a "petiti passi." Con queste codarde parole dice il Villani avere Carlo D' Angiò, rivolto vilmente al cielo, espresso lo spavento che lo colse alle prime notizie della rivoluzione siciliana pervenutegli a Roma dove allora si trovava. Ma lo abbattimento durò poco nell' animo di quel Tiberio, perocchè accorso precipitosamente a Napoli, e udita, non che la conferma, dettagli della strage de' suoi, misurando a grandi passi le stanze della regia, montò in si bestiale furore, da mordere rabbiosamente un bastone che teneva in mano, giurando in cuor suo di

fare tremenda vendetta col ferro e col fuoco, e mutare la Sicilia in un nudo deserto scoglio.

 E cominciò la persecuzione dai mercatanti siciliani che trovavansi a Napoli, i quali ebbero a nascondersi e a fuggire per sottrarsi al furore di lui.

   Mentre Carlo mulinava nella mente i più feroci disegni, mettendo all' ordine le forze di terra e di mare preparate per la spedizione in Levante, per scaraventarle sulla misera Sicilia, gli giunse la notizia che anche Messina si era finalmente sollevata, e che nell' isola non rimaneva più un solo Francese.

 Allora gli parvero poche le forze proprie a compir la vendetta, e ne chiese ed ottenne dal re di Francia, dal Papa, dalle città guelfe di Toscana e di Lombardia, da Genova, da Venezia. Così egli potè accozzare e rassegnare a Catona (RC), piccola terra collocata in Calabria sullo stretto (di fronte a Messina), un oste formidabile di 15 mila cavalli, 60 mila fanti, e 150 a 200 navi da guerra e da trasporto.

 Tanta gente e tante armi in quel tempo non si erano forse mai raccolte neppure per una Crociata; e forse non mai tanta sete di sangue e di vendetta aveva aizzato Cristiani contro Cristiani. Era un re superbissimo, prode in armi, e non uso alle sconfitte, ora sbalzato dal trono da un popolo spregiato;- era un papa armato di furore sacerdotale, che vantando il dominio diretto della Sicilia, e vedendoselo sfuggire di mano, scorgeva tale irriverenza nel linguaggio dei Siciliani, da rispondergli : - Salutavano Cristo : Ave re de' Giudei; e nel tempo stesso lo schiaffeggiavano! - era una fazione guelfa usa a giurare occhio per occhio, dente per dente contro alla rivale fazione ghibellina; - era una schiatta intera oltramontana che marciava alla vendetta della stirpe sterminata perfino entro le viscere materne; - tale era quell' oste che piombava sulla Sicilia, e che scaricatasi tutta addosso alla sola città di Messina, vi si consumò invano circa quattro mesi, ed ebbe a levarsene col danno e colle beffe.

 Quei preparativi marziali di Carlo D' Angiò durarono tutto il mese di Aprile. Da Messina poteva udirsi  lo squillar delle trombe, e vedersi cogli occhi lampeggiare spade e corazze, perocché l' oste sterminatrice si ammassava a Catona. Non poteva perciò la Sicilia, e tanto meno Messina, starsene spettatrice neghittosa. Onde si adunò in Messina il parlamento della Lega, e con una concordia degna della circostanza, fu deliberato : si fornisse Messina di vettovaglia per due anni, e si rafforzasse di arcieri e di balestrieri; si mandassero uomini e navi con otto capitani e governatori a guardia di Catania, di Agosta, di Siracusa, di Milazzo, di Patti, di Cefalù; tutto insomma si facesse per resistere a quello sforzo di mezza Cristianità che Re Carlo rivolgeva contro la Sicilia, ed impedirgli che vi rimettesse il piede. Non mancò chi consigliasse tornare a battere alla porta del Santo Padre e fare appello alla pastorale sua misericordia. Il Surita anzi afferma aver letto in una storia in versi del Neocastro che giurossi nuovamente obbedienza alla Chiesa Romana e di non accettarsi alcun re straniero (1). Nè mancò, che che ne dica il citato autore, chi consigliasse rivolgersi per aiuti a qualche principe straniero. E come non pensare a questo? Non era in Corte di Aragona Giovanni da Procida con altri potenti baroni del Regno, che trattavano leghe e spedizioni contro Carlo, e che avevano da lungo tempo soffiato, coi baroni non fuorusciti cospirando, sui carboni dell'odio popolare? Il Parlamento messinese aveva già mandato legati a Costantinopoli, a partecipare all'Imperatore Paleologo la notizia della rivoluzione. Così, mentre non si trascuravano pratiche per aiuti esterni, la Lega prendeva provvedimenti di difesa, che ricordano quelli giurati nel Monastero di Pontida contro Federico Barbarossa.   Il primo impeto del nemicoera da aspettarsi a Messina; e i Messinesi si preparavano alla difesa per mare e per terra. Per terra spianavano a settentrione la campagna, spiantando vigneti abbattendo casolari, e ilegnami e materiali di quelli impiegando a risarcire le mura; costruivano macchine, preparavano armi.

 Per mare chiudevano l'entrata del porto con salde catene e travi galleggianti; piazzavano un saldo presidio sul braccio di S. Remigio ove sorge adesso la fortezza del Salvatore; tenevano in pronto navi da guerra e fuoco greco da lanciare su quelle del nemico.

 

MENTRE CARLO MULINAVA NELLA MENTE I PIU' FEROCI DISEGNI, METTENDO ALL'ORDINE LE FORZE DI TERRA E DI MARE PREPARATE PER LA SPEDIZIONE IN LEVANTE, PER SCARAVENTARLE SULLA SICILIA, GLI GIUNSE NOTIZIA CHE ANCHE MESSINA SI ERA FINALMENTE SOLLEVATA, E CHE NELL'ISOLA NON RIMANEVA PIU' UN SOLO FRANCESE.ALLORA GLI PARVERO POCHE LE FORZE PROPRIE A COMPIR LA VENDETTA, E NE CHIESE ED OTTENNE DAL RE DI FRANCIA, DAL PAPA, DALLE CITTA' GUELFE DI TOSCANA E DI LOMBARTDIA, DA GENOVA, DA VENEZIA.COSI' EGLI POTE' ACCOSTARE E RASSEGNARE A CATONA, PICCOLA TERRA COLLOCATA IN CALABRIA SULLO STRETTO( DI FRONTE A MESSINA VICINO AD UN PAESE CHE OGGI SI CHIAMA GALLICO).TALE ERA QUELL'OSTE CHE PIOMBAVA SULLA SICILIA, E CHE SCARICATASI TUTTA ADDOSSO ALLA SOLA CITTA' DI MESSINA, VI SI CONSUMO' INVANO CIRCA QUATTRO MESI, ED EBBE A LEVARSENE COL DANNO E COLLE BEFFE.TITOLO DEI QUADRI UN OSTE FORMIDABILE DI 15.MILA CAVALLI, 60 MILA FANTI E 200 NAVI DA GUERRA E DA TRASPORTO.

TANTA GENTE E TANTE ARMI IN QUEL TEMPO NON SI ERANO FORSE MAI RACCOLTE NEPPURE PER UNA CROCIATA.

QUEI PREPARATIVI MARZIALI DI CARLO D'ANGIO' DURARONO TUTTO IL MESE DI APRILE. DA MESSINA POTEVA UDIRSI LO SQUILLAR DELLE TROMBE. E VEDERSI COGLI OCCHI LAMPEGGIARE SPADE E CORAZZE, PEROCCHE' L'OSTE STERMINATRICE SI AMMASSAVA A CATONA. NON POTEVA PERCIO' LA SICILIA E TANTOMENO MESSINA, STARSENE SPETTATRICE NEGHITTOSA. ONDE SI ADUNO' IN MESSINA IL PARLAMENTO DELLA LEGA, E CON UNA CONCORDIA DEGNA DELLA CIRCOSTANZA, FU DELIBERATO : SI FORNISSE MESSINA DI VETTOVAGLIA PER DUE ANNI, E SI RAFFORZASSE DI ARCIERI E DI BALESTRIERI ; SI MANDASSERO UOMINI E NAVI CON OTTO CAPITANI E GOVERNATORI A GUARDIA DI CATANIA, DI AGOSTA, DI SIRACUSA, DI MILAZZO, DI PATTI, DI CEFALU' ; TUTTO INSOMMA SI FACESSE PER RESISTERE A QUELLO SFORZO DI MEZZA CRISTIANITA' CHE RE CARLO RIVOLGEVA CONTRO LA SICILIA, ED IMPEDIRGLI CHE VI RIMETTESSE IL PIEDE.

Foto dell'autore del Quadro sui Vespri Siciliani rappresentante Messina, Juan Mario Miano Maestro Argentino- Siciliano. 
 

Da un idea di Rosario Baeli.